info 52 - GENITORI E OBBLIGO MANTENIMENTO FIGLI - studio legale tributario caretta

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STUDIO LEGALE TRIBUTARIO CARETTA
Associazione tra Avvocati
23/10/2021
I GENITORI SONO TENUTI A MANTENERE IL FIGLIO TRENTENNE CHE NON HA UNO STABILE LAVORO
La recente eclatante pronuncia della Corte di Cassazione ribadisce il diritto del figlio ad essere mantenuto, indipendentemente dall’età di quest’ultimo.

Questo, in estrema sintesi, è quanto stabilito dalla Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 19077 depositata il 14 settembre 2020.
Nel caso in esame, la Corte è stata chiamata ad affrontare la questione relativa all’obbligo di mantenimento del figlio maggiorenne da parte dei genitori.
Il tema non è certo di poco conto, anche in considerazione della sua rilevanza pratica, legata alle difficoltà che, sempre più spesso, i giovani incontrano nell’inserimento nel mercato del lavoro.
L’ormai abituale ricorso delle aziende a stage, tirocini, apprendistato e contratti a termine è una costante che ha come denominatore comune l’incertezza e l’impossibilità per i giovani di ritagliarsi una serenità economica.
È plausibilmente questa la premessa che sta alla base della decisione del Supremo Collegio, il quale ha affermato l’obbligo dei genitori al mantenimento del figlio (anche maggiorenne) che non abbia ancora raggiunto l’autosufficienza economica.
Sulla determinazione di tale ultimo concetto rilevano una serie di fattori: si afferma che non può definirsi indipendente sotto il profilo economico il figlio impiegato con lavori che prevedano assunzioni a tempo determinato e questo perché tali tipologie contrattuali non garantiscono una sufficiente stabilità.
La decisione trae origine dalla vicenda di un padre che chiedeva la revoca del contributo al mantenimento previsto in favore della figlia ormai maggiorenne, sul presupposto che la figlia potesse godere di una propria autosufficienza economica.
A confermare tale indipendenza deponeva, secondo il padre, il fatto che la figlia fosse ormai avviata al lavoro, seppur con contratti a termine.
La madre si opponeva invece alla richiesta di revoca dell’assegno di mantenimento, sulla scorta della precarietà della situazione occupazionale della figlia, che le non consentiva di mantenersi né di immaginare un futuro in autonomia (di qui la ragione per cui la figlia, nonostante avesse un lavoro, ancora era residente con la madre).
La Corte di Cassazione rigettava il ricorso del padre ribadendo che i figli hanno il diritto a mantenere un tenore di vita corrispondente alle risorse economiche della famiglia e - per quanto sia possibile - lo stesso tenore di cui avrebbero goduto se la famiglia non si fosse disgregata.
In altre parole, se la precarietà lavorativa del figlio non consente allo stesso di mantenersi autonomamente, i genitori vi devono provvedere.
Indipendentemente dallo scalpore che tale pronuncia possa suscitare, è bene ricordare che l’art. 337 septies c.c. prevede espressamente che Il giudice, valutate le circostanze, può disporre in favore dei figli maggiorenni non indipendenti economicamente il pagamento di un assegno periodico.”
La decisione sulla possibilità di riconoscere il diritto al mantenimento impone un esame del caso concreto, la cui valutazione è rimessa al prudente apprezzamento del Giudice, che dovrà appunto verificare se e di quali mezzi economici il figlio dispone, valutando la congruità degli stessi a consentirgli l’indipendenza dalla famiglia.
La giurisprudenza ha, infatti, chiarito che non un qualsiasi impiego fa cessare l’obbligo del mantenimento: l’indagine del Giudice dovrà essere legata alle occupazioni ed al percorso scolastico, anche universitario, del figlio nonché l’effettiva situazione del mercato del lavoro, con specifico riguardo al settore nel quale il medesimo abbia indirizzato la propria formazione, investendo impegno personale e le risorse economiche messegli a disposizione dai genitori.
Con il ovvio limite che l’obbligo di mantenimento viene meno in caso di inerzia del figlio, che rifiuti ingiustificatamente opportunità di lavoro ovvero non si adoperi per cercarne.
Qualora non si possa imputare al figlio alcuna inerzia o pigrizia, sussisterà un suo diritto a mantenere un tenore di vita corrispondente alle risorse economiche della famiglia, non potendo dirsi raggiunta alcuna indipendenza economica quando gli impieghi del figlio non abbiano carattere di stabilità, come nei casi in cui il rapporto di lavoro è regolato da contratti a tempo determinato (o di apprendistato, tirocinio e stage).
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