info 38 - COMMERCIALISTI E SANZIONI TRIBUTARIE - studio legale tributario caretta

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STUDIO LEGALE TRIBUTARIO CARETTA
Associazione tra Avvocati
19/03/2020
Sanzioni tributarie e causa di non punibilità
 
La condotta del commercialista

 
Numerose sono le sentenze sia di merito che di legittimità che si sono occupate della responsabilità amministrativa tributaria conseguente alla violazione di adempimenti fiscali che il contribuente ha affidato al proprio consulente.
 
Con una recente ordinanza (18 novembre 2019 n. 29849) la Corte di Cassazione ha stabilito il principio di diritto per cui in caso di inadempimento al pagamento di un tributo, le sanzioni non sono dovute se la violazione è imputabile esclusivamente al professionista incaricato di provvedere ai pagamenti.
 
L’esimente si applica a condizione che il contribuente abbia adempiuto all’obbligo di denuncia all’autorità giudiziaria e non abbia tenuto una condotta colpevole, cosciente e volontaria, dolosa o colposa. Non si può però chiedere al contribuente un’attività di verifica e controllo penetrante sull’attività del commercialista ma è sufficiente che abbia richiesto, per esempio, le copie dei versamenti dei modelli F24.
 
Gli ermellini erano chiamati a dirimere una questione relativa alla disapplicazione delle sanzioni amministrative tributarie conseguenti ad un’accertata violazione fiscale (recupero di un credito iva utilizzato indebitamente in compensazione).
 
La Commissione Tributaria Regionale aveva statuito in maniera favorevole all’Agenzia delle Entrate ritenendo quindi che l’irrogazione delle sanzioni al contribuente fosse stata legittima e corretta perché costui non avrebbe comunque vigilato sull’operato del commercialista. Ciò anche se – da quanto è dato comprendere dalla sentenza – in primo grado era stata accertata la responsabilità del consulente nell’indebita compensazione.
 
Nonostante ciò per i giudici di merito il contribuente avrebbe dovuto vigilare sull’operato del professionista delegato.
 
Ricorreva in Cassazione il contribuente lamentando violazione di legge per la non corretta applicazione da parte della CTR dell’esimente di cui al comma 3 del D Lgs 472/97.
 
Il Supremo Collegio era di diverso avviso rispetto al giudice di merito e confermava l’orientamento costante di legittimità per cui “In tema di sanzioni amministrative tributarie, l’esimente di cui all’art. 6, comma 3, del d.lgs. n. 472 del 1997 si applica in caso di inadempimento al pagamento di un tributo imputabile esclusivamente ad un soggetto terzo (di regola l’intermediario cui è stato attribuito l’incarico, oltre che della tenuta della contabilità e dell’effettuazione delle dichiarazioni fiscali, di provvedere ai pagamenti), purché il contribuente abbia adempiuto all’obbligo di denuncia all’autorità giudiziaria e non abbia tenuto una condotta colpevole ai sensi dell’art. 5, comma 1, del detto decreto, nemmeno sotto il profilo della “culpa in vigilando”» (Cass., Sez. 5, Ordinanza n. 28359 del 07/11/2018, Rv. 651225), «dovendo l’inadempimento medesimo essere imputabile in via esclusiva all’intermediario» (così in motivazione nella citata sentenza).
 Ribadito il principio di diritto la Corte di Cassazione sottolineava come la CTR avesse fatto mal governo dell’enunciato principio di diritto in quanto, pur in presenza di un comportamento manifestamente fraudolento del professionista incaricato dal contribuente di provvedere agli adempimenti contabili e fiscali, consistito nella falsificazione della documentazione (ricevute di pagamento a mezzo F24) consegnata al contribuente a dimostrazione del regolare adempimento degli obblighi fiscali, e quindi in evidente assenza di culpa in vigilando, ha ritenuto comunque applicabili allo stesso le sanzioni amministrative pecuniarie, e ciò in violazione delle disposizioni censurate.
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