info 36 - VALENZA PROBATORIA MESSAGGI WHATSAPP - studio legale tributario caretta

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STUDIO LEGALE TRIBUTARIO CARETTA
Associazione tra Avvocati
18/03/2020
Sulla Valenza Probatoria dei Messaggi Whatsapp

Con la sentenza 17 gennaio 2020 n.1822/6 la Corte di Cassazione ha confermato la responsabilità penale dell’imputata per aver detenuto, in concorso, sostanze stupefacenti ai fini dello spaccio.
 
Tra gli elementi probatori posti a sostegno della decisione del giudice d’appello vi erano anche i messaggi  rinvenuti sui telefoni cellulari degli imputati.
 
La sentenza della Corte d’appello veniva impugnata in Cassazione dagli imputati per violazione degli artt. 191 e 266 bis c.p.p., stante la nullità e l'inutilizzabilità delle comunicazioni telematiche registrate sulla memoria del telefono cellulare acquisito all'esito dell'illegittima ispezione compiuta dalla P.G., comunicazioni acquisite mediante la riproduzione fotografica della schermata delle conversazioni tra l'imputato e un tale R. S., possibile acquirente. Evidenziava l’imputato come si versasse in un'ipotesi di inutilizzabilità c.d. patologica, in quanto concernente atti probatori acquisiti contra legem - mediante violenza sulle cose ed in violazione del diritto alla segretezza della corrispondenza di cui all'art. 15 Cost. -, là dove gli agenti operanti avrebbero dovuto procedere con le modalità previste per il sequestro ai sensi dell'art. 354, comma 2, c.p.p.
 
La Corte di Cassazione respingeva l’eccezione precisando come la Corte d’Appello avese fatto ineccepibile applicazione della consolidata giurisprudenza della Suprema Corte secondo cui i dati informatici acquisiti dalla memoria del telefono in uso all'indagata (sms, messaggi whatsApp, messaggi di posta elettronica "scaricati" e/o conservati nella memoria dell'apparecchio cellulare) hanno natura di documenti ai sensi dell'art. 234 c.p.p., di tal che la relativa attività acquisitiva non soggiace né alle regole stabilite per la corrispondenza, né tantomeno alla disciplina delle intercettazioni telefoniche.
 
Il Supremo collegio evidenzia inoltre come ai messaggi WhatsApp e SMS non si applichi la disciplina dettata dall'art. 254 c.p.p., in quanto tali testi non rientrano nel concetto di "corrispondenza", la cui nozione implica un'attività di spedizione in corso o comunque avviata dal mittente mediante consegna a terzi per il recapito (Sez. 3, n. 928 del 25/11/2015, dep. 2016, Giorgi, Rv. 265991).
 
Né, d'altra parte, può ritenersi trattarsi degli esiti di un'attività di intercettazione, la quale postula, per sua natura, la captazione di un flusso di comunicazioni in corso, là dove i dati presenti sulla memoria del telefono acquisiti ex post costituiscono mera documentazione di detti flussi.
 
Fatta questa premessa la Corte di Cassazione ha formulato il principio di diritto secondo il quale i messaggi whatsApp così come gli sms conservati nella memoria di un apparecchio cellulare hanno natura di documenti ai sensi dell'art. 234 c.p.p., di tal che la relativa attività acquisitiva non soggiace alle regole stabilite per la corrispondenza, né tantomeno alla disciplina delle intercettazioni telefoniche, con l'ulteriore conseguenza che detti testi devono ritenersi legittimamente acquisiti ed utilizzabili ai fini della decisione ove ottenuti mediante riproduzione fotografica a cura degli inquirenti.
 
In applicazione di tale principio di diritto i Giudici di legittimità hanno stabilito che i messaggi rinvenuti nella memoria del telefono cellulare dell'imputato risultano essere stati del tutto legittimamente acquisiti al processo ed utilizzati ai fini della decisione, giusta la loro natura documentale ex art. 234 c.p.p. e la conseguente acquisibilità con una qualunque modalità atta alla raccolta del dato, inclusa la riproduzione fotografica.
 
Va ricordato come la disciplina dettata dal codice di procedura penale sia applicabile - integrandoli per quanto non è diversamente disposto da essi - per l’accertamento delle violazioni e delle relative sanzioni sia all’accertamento delle imposte dirette (DPR 600/7, art. 70) che all’imposta sul valore aggiunto (DPR 633/72 art 75). Con tutti i conseguenti dubbi interpretativi alla luce del principio del “doppio binario” tra il processo tributario e quello penale.
 
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